La mattina del 5 ottobre numero di femmine (quattromila o più) plebee e parigine, simulando i lamenti e l'ardire disperato della fame, andarono alla casa del Comune a cercar pane; e quindi con grida e gesti furibondi, saccheggiando e rubando nella città, si avviarono a Versailles. Le guidavano alcuni del popolo, notati ne' fatti della Bastiglia; e quando quella torma incontravasi ad altre donne, a sé le univa o forzate o vogliose; erano l'armi picche, mazze e clamori. Le truppe urbane sedarono i tumulti nella città; e parte seguì le donne, insospettita di quella non usata milizia, e del mobile ingegno delle militanti. Quando all'improvviso i soldati stanziati a Parigi chiesero di andare ancor essi; e, non bastando a distoglierli l'autorità e il consiglio del comandante supremo La Fayette, ventimila soldati, portando il nome di esercito di Parigi, mossero per Versailles: La Fayette li seguiva. Giunsero alla mezza notte poco appresso alle donne, e mentre quelle a gruppi o a folla scompigliavano la città, questi si accamparono nelle piazze.
Molte brighe accaddero la notte; maggiori al dì vegnente. Le donne comunicarono per deputazioni con l'Assemblea e col re; ed esprimendo a fascio bisogni e desidéri, con preghi o minacce, e pianto ed ira, avute risposte consolatrici e benigne, si univano alle compagne, riferivano le cose dette e le intese, contendevano, strepitavano; e già, stanche della fatica de' nuovi offici e delle pioggie che stemperate cadevano, si ricoverarono dopo molta notte nelle chiese e negli atri dell'Assemblea. Ma non prendeva riposo una masnada di ribaldi (cinquecento almeno) venuti con le donne a Versailles, prevedendo tumulti o a suscitarne; i quali, entrando spicciolati ne' giardini e nelle corti mal guardate del palazzo, e quindi apertamente forzando ed uccidendo le guardie, occuparono la reggia.
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