Accusavano le intenzioni meglio cittadine; incitavano i potentati stranieri alla guerra; arrischiavano la vita del re, il cui nome serviva di onorato pretesto a brighe infami. Il clero stava diviso tra i ripugnanti a giurare per lo Statuto e i giuranti, i primi di maggior numero e più intatta fama; sequestrate le terre della Chiesa, poi confiscate; due brevi di Roma e l'immagine del pontefice bruciati a scherno; ingiuriate ed offese le persone de' preti. I quali, per la opposta parte, andavano suscitando le coscienze e le armi dei credenti. Il re teneva dagli emigrati perché re, e da' preti perché divoto.
V. Così stavano le cose di Europa l'anno 1791. Nel principio dell'anno seguente morto l'imperatore Leopoldo, successe Francesco suo figlio. Nel mese istesso fu morto Gustavo III re della Svezia da' nobili, che opprimeva; ma, finché ignote le trame, si disse dalle parti giacobine. La morte di Leopoldo apportò dolore; quella di Gustavo, sospetti; e si andavano ricordando il "club" francese, la propaganda, la legione de' tirannicidi, il motto dell'Assemblea: "A' re che ci mandano la guerra, noi rimanderemo la libertà"; ed altri o fatti o dicerie che atterrivano i principi. Fu quindi in Napoli più vigilante la polizia, che, per meglio spiare, fece scrivere le strade, numerare le case in cartelli di marmo; diligenza o fornimento di città grande. Facendo sospetto diecimila condannati e dodicimila prigioni nelle carceri e galere di Napoli e Castellamare, ne andò gran parte alle isole di pena, Lampedusa e Trémiti. Il giovine reggente di Vicaria tornò in uso la frusta, e il deposito dei creduti colpevoli nelle galere; alle quali condanne erano pruova le delazioni delle spie, gli atti inquisitori degli scrivani, il proprio giudizio del reggente.
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