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      Nell'anno medesimo altro regio decreto prescrisse che le chiese, i monasteri, i luoghi pi dessero alla zecca dello Stato gli argenti sacri, salvo i necessari ai divini uffici; e i cittadini gli argenti propri, fuorché gli arredi, ma pochi, da mensa: polizza di banco, valevole dopo certi anni, ne pagava il prezzo; e si confiscavano gli argenti nascosti, concessane quarta parte a' denunziatori. Il quale decreto fu chiamato "suntuario" : nome spesso dato alle leggi che apportano per la parsimonia de' soggetti opulenza all'erario. Gran copia di argenti fu donata, obbedendo e tacendo i donatori.
      XII. Ma il silenzio dell'universale volse a tumulto quando fu visto che il Governo spogliava i Banchi pubblici. Così chiamavano, come è noto per le nostre istorie, sette casse di credito che per dote, legati ed industrie divennero posseditrici di tredici milioni di ducati. I pubblici offici, i privati, la stessa Casa del re, depositavano al Banco il proprio danaro, là tenuto sicuro perché guardato e guarentito. Una carta detta fede di credito "accertava il deposito: le presentazione della "fede "produceva immediato pagamento : le fedi circolavano come danaro, nulla perdevano al cambio, guadagnavano a' tempi delle maggiori fiere del regno per il comodo e la sicurezza di portare in un foglio somme grandissime. Il danaro contrastato per liti andava al Banco; i pagamenti de' legati si facevano per carte di Banco: molto danaro del regno; il tutto, quasi, della città; ventiquattro milioni almeno di private ragioni, stavano in quelle casse. Ma i bisogni dello Stato, l'istinto del dispotismo, l'agevolezza d'involare e di coprire per nuove carte il danaro involato, la speranza di rimediare al mancamento prima che manifesto, ed alla fin fine il sentimento ne' re assoluti che la roba come la vita de' soggetti sieno della corona, furono argomenti a stender mano rapace a que' depositi.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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