Disputa scandalosa durò fra' ministri delle due Corti; e 'l sovrano svedese intimò ammenda o guerra. Ma quella non fu data, questa non cominciò; tanti romori si sperderono.
XIV. Alle male venture, guerra, fame, povertà, discordie, che finora ho narrate, si aggiunse nell'anno 1794 altra più fiera perché inevitabile. Nella notte del 12 giugno forte tremuoto scosse la città, e rombo cupo e grave pareva indizio d'imminente eruzione di foco dal Vesuvio. Gli abitanti delle città e terre sottoposte al monte fuggirono dalle case, aspettando allo scoperto il nuovo giorno; il quale spuntò sereno: ma in cima del vulcano nugolo denso e scuro copriva l'azzurro e lo splendore del cielo; e come il giorno avanzava, così crescevano il romore, l'oscurità e la paura. Passarono tre dì: la notte del quarto, 15 a 16 di giugno, scoppio che diresti di cento artiglierie chiamò a guardare il Vesuvio, e fu vista nella costa del monte colonna di foco alzarsi in alto, aprirsi e per proprio peso cadere e rotolare su la pendice: saette lucentissime e lunghe uscenti dal vulcano si perdevano in cielo, globi ardenti andavano balestrati a gran distanze; il rombo, sprigionato in tuono. Foco a foco sopraposto, perciocché lo sbocco era perenne, formò due lave, le quali con moto prima rapido poi lento s'incamminavano verso le città di Resina e Torre del Greco. Stavano gli abitanti, trentaduemila uomini, mesti ed attoniti a riguardare. La città di Resina cuopre l'antica Ercolano: la Torre del Greco fu in origine fondata al piede del monte, dove le ultime pendici si confondono con la marina. Eruzione antica ne coprì metà, e tanta materia vi trasportò, che fece promontorio su la città rimasta. In quell'altura fabbricarono nuove case: e però le due città, l'alta e la bassa, comunicavano per erte strade a scaglioni, essendo di ottanta braccia almeno l'una su l'altra.
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