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      La eruzione del 94 le adeguò, lasciando dell'alta, segnali della sventura, le punte di pochi edifizi, e coprendo della bassa e soperchiando le umili case, le sublimi, le stesse torri delle chiese. In Resina bruciarono molti campi e pochi edifizi più vicini al monte, fermandosi l'esterminio quasi al limitare della città. La prima lava, quella che sotterrò Torre del Greco, entrò nel mare, pinse indietro le acque, e vi lasciò massa di basalto sì grande che fece un molo ed una cala, dove le piccole navi riparano dalle tempeste. Spesso le due lave, docili alle pendenze o curvità del terreno, si univano; e spesso si spartivano in rivoli: ne' quali rigiri fu circondato un convento dove tre persone, impedite dal fuggire, soffocate dal grande ardore, perirono. Il cammino della maggior lava, quattro miglia, fu corso in tre ore, le materie vomitate erano tante, che parevano maggior volume del monte intero.
      Ciò nella notte. Batteva l'ora ma non spuntava la luce del giorno, trattenuta dalla cenere, che, densa e bruna, dirottamente pioveva molte miglia in giro della città. Lo spettacolo di notte continua oppresse l'animo degli abitanti, che volgendosi, come è costume delle moltitudini, agli argomenti di religione, uomini e donne di ogni età o condizione, con piedi scalzi, chiome sciolte e funi appese al collo per segno di penitenza, andavano processionando dalla città al ponte della Maddalena, dove si adora una statua di San Gennaro, per memoria di creduto miracolo in altra eruzione; così che sta scolpita in attitudine di comandare al volcano di arrestarsi. Colà giunte le processioni, quelle de' gentiluomini pregavano le consuete orazioni a voce bassa, quelle del popolo gridavano canzone allora composta nello stile plebeo.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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