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      Il re prescrisse pubbliche orazioni onde placare la collera di Dio, mossa dal veder profanato il tempio e i sacerdoti. Le spoglie di Tommaso Amato non ebbero cristiana sepoltura, e si citava il nome ad orrore. Ma, per lettere che da Messina, patria dell'infelice, scrisse il general Danéro, governatore della città, seppesi che Tommaso Amato soffriva in ogni anno accessi di pazzia, e che da certo tempo era fuggito dalla casa de' matti. Il presidente Cito e 'l giudice Potenza, avendone avuto sospetto nel processo, votarno che fosse custodito come demente; ma piacque agli altri giudici punire uomo creduto malvagio dal popolo, e radicar la sentenza nella plebe: nemico del re, nemico a Dio.
      Dal primo sangue gli animi inferociti, prepararono la "gran causa de' rei di Stato"; così portava nome. Il Governo incitava i giudici alla severità, spaventato dalle nuove cose di Francia e d'Italia; era capo in Francia Robespierre, e trionfavano allo interno le dottrine più feroci; allo esterno, gli eserciti: nel Piemonte scoprivasi congiura contro il re, e tumulti la secondavano; spuntavano in Bologna germi di libertà; ed in Napoli si passava dalle finte alle vere cospirazioni, per gli scarsi ricolti, sempre pericolosi alla quiete, e la povertà del popolo, e lo sdegno degli oppressi, e l'usato cammino della scontentezza. La Giunta di Stato giudicava. Era inquisitorio il processo, scritta la pruova; le secrete accuse o denunzie potevano come indizi; i testimoni, benché fossero spie a pagamento, valevano; né a' servi, a' figliuoli, a' più stretti parenti era interdetto l'uffizio di testimonio. Il processo, compiuto in segreto, passava a' difensori, magistrati eletti dal re; le difese producevansi scritte; né all'accusato era concesso il parlare; il giudizio spedito a porte chiuse; la relazione dell'inquisitore valeva quanto il processo; non che fosse vietato a' giudici leggere nei volumi, ma nol comportava la strettezza del tempo, perché "ad horas"; era inquisitore nel processo lo scrivano; nel giudizio, un magistrato scelto tra i peggio, quale il Vanni nel tempo di cui scrivo, poi Fiore, Guidobaldi, Speciale.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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