Questa era la congiura per la quale tre morivano, molti andavano a dure pene, tutti pericolavano, e si spegneva la morale pubblica, si creavano parti e nemicizie, cominciava tirannide di governo, contumacia di soggetti, odi atroci ed inestinguibili per andar di tempo e per sazietà di vendette.
I ondannati a morire, Vincenzo Vitaliano di ventidue anni, Emanuele de Deo di venti, e Vincenzo Galiani di soli dicianove, erano gentiluomini per nascita, notissimi nelle scuole per ingegno, ignoti al mondo. Dopo la condanna, la regina chiamò Giuseppe de Deo, padre di uno de' tre miseri, e gli disse di promettere al giovane vita e impunità, solo che rivelasse la congiura e i congiurati. Andò il vecchio alla cappella dove il figlio ascoltava gli estremi conforti di religione, e, rimasti soli (così aveva comandato la regina), lo abbracciò tremando, espose l'ambasciata ed il premio, rappresentò il dolor suo, il dolor della madre, l'onore del casato; proponeva, dopo la libertà, fuggire assime in paese lontano, e tornare in patria quando fossero i tempi meno atroci. E però che l'altro ascoltava senza dir motto, egli, credendolo vicino ad arrendersi, ruppe in pianto, s'inginocchiò a' piedi del figliuolo, e tra gemiti confusi poté dire appena: - Ti muova la pietà del mio stato. - E allora il giovine sollecito innalzandolo, e baciatogli quando le mani e quando il viso, così disse: - Padre mio, la tiranna per cui nome venite, non sazia del nostro dolore, spera la nostra infamia, e per vita vergognosa che a me lascia, spegnerne mille onoratissime. Soffrite che io muoia; molto sangue addimanda la libertà, ma il primo sangue sarà il più chiaro. Qual vivere proponete al figlio e a voi! dove nasconderemmo la nostra ignominia?
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Vincenzo Vitaliano Emanuele Deo Vincenzo Galiani Giuseppe Deo Vincenzo Vitaliano
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