Perciò ne' casi leggieri, io, con l'autorità che le Maestà Loro mi hanno concessa, opero e taccio; se non che delle asprezze fo me autore, delle blandizie, il principe. Ma ne' casi gravissimi dove non basta l'autorità di ministro, mi vien meno l'animo di operare o di tacere; gran tempo ho taciuto grave affare - mostrò le carte; - oggi più lungo silenzio mi farebbe colpevole. Annibale Giordano di maestà tra i primi, con foglio firmato del suo nome, animosamente accusò di complicità nella congiura il reggente della Vicaria cavalier de' Medici. - Parve maraviglia in viso del re, indignazione alla regina; ed egli, come a que' segni non avvertisse, proseguiva: - La enormità del delitto scemava fede all'accusa; giovine alzato a' primi gradi dello Stato, avendo in prospetto gradi maggiori, nobile per famiglia, piacente a' sovrani, venerato da' ministri (e da uno di essi anche amato), come credere che arrischiasse tanti benefizi presenti per sognate speranze di avvenire? Tenni l'accusa malvagia, e di nemico. Ma dalle regole di pubblica sicurezza, sapientemente da Vostra Maestà ordinate, non isfuggendo verità che assicuri o che incolpi, si palesarono altri fatti ed altre pruove contro il reggente; egli assisté al "club" de' giacobini radunati a Posillipo sotto specie di cena, per congiura; egli conferì con La Touche; per lui fallò l'arresto de' giacobini che andavano al vascello francese; del quale mancamento io mi avviddi, ma lo credetti mala ventura o mal consiglio, non già proposito e delitto. Altre colpe di lui stanno registrate in quei fogli; e ve ne ha tali per fino malediche a' suoi principi. Molti nobili (egli stesso n'è cagione col consiglio e con l'esempio) sono tra' congiurati: i Colonna, i Caracciolo, i Pignatelli e Serra e Caraffa, ed altri nomi tali per natali, titoli e ricchezze; i giovani bensì, non i capi delle famiglie, ma di giovani si riempiono le congiure; e poscia i maggiori, per naturale affetto di sangue difendendo i figliuoli, aiutano l'impresa.
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