Sono queste le cose che io doveva rassegnare alle loro Maestà; elle, decidendo, ricordino che incontro a' tristi e ingrati vi ha l'obbedienza dell'esercito, la fedeltà del popolo, la vita di molti.
E tacque. La regina non osava parlare prima del re; ma questi disse al ministro: - E, dopo ciò, che proponete? - E quegli: - So che è debito di ministro, esponendo i mali, proporre i rimedi; ma lungo riflettere non mi è bastato a sciorre i dubbi che si affollano in mente, ed ho sperato dalle Loro Maestà comando e consiglio. Non vi ha che due modi, pericolosi entrambo, la clemenza o il rigore; pochi mesi addietro erano congiurati uomini mezzani, oggi lo sono i primi dello Stato; dove giugnerà la foga se spavento non l'arresti? Ma quai nemici e quanto potenti non affronterebbe il rigore? Egli è vero che i tempi son mutati, ma vive ancora la memoria e la superbia delle guerre baronali, e si citano i danni e i cimenti de' re aragonesi; egli è ancor vero che la baronia di oggidì non è guerriera, ma l'aiuta passione di libertà, che pur troppo è ne' popoli. Fra le quali dubbiezze mi venne pensiero utile, non giusto; ed alle Maestà Vostre lo confido. Ambizione muove il cavalier de' Medici, il giovane impaziente non può soffrire la incertezza ed il tedio dell'aspettare; se Vostra Maestà lo innalzasse a ministro, cesserebbero le voglie ree di mutar lo Stato, ed egli spegnerebbe in un giorno le trame, note a lui, della congiura. - E non anco finiva il bugiardo discorso, se la regina, rompendolo, non diceva: - Ludibrio della corona! siamo a tale ridotti che dobbiamo dar premi a' congiurati! E chi d'oggi innanzi non congiurerà contro il trono, se avrà mercede, quando fortunato, dalla impresa; e quando scoperto, da noi?
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