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      Egli, così avvisato del pericolo, andò alla reggia; e negatogli accesso alla regina, parlò al re, il quale a' ragionamenti ed alle preghiere nulla rispose; ma nel vegnente giorno lo depose d'uffizio, e lo chiuse nella fortezza di Gaeta. Nel tempo stesso menavano alle prigioni un Colonna, figlio del principe di Stigliano, il duca di Canzano, il conte di Ruvo, un Serra di Cassano, e i Caracciolo, i Riari ed altri nomi chiari per le grandezze degli avi e per le presenti, primi baroni, imparentati alla più alta nobiltà del regno, e per immemorabile feudalità venerati e temuti da' popoli. Del quale ardire del Governo importa svolgere le cagioni. Le passioni de' sovrani di Napoli, sdegno cioè della offesa monarchia e pietà degl'infelici parenti, si accesero prime e cieche contro i Francesi; ma poi che videro disperata la vendetta sopra popolo fortissimo e lontano, si volsero a sfogare nel proprio regno su le immagini della Francia; chiamarono giacobini gli amanti semplici ed innocenti di vaga libertà; i lodatori delle repubbliche, i leggitori delle gazzette straniere, coloro che imitavano nel vestimento le mode francesi; ed indi a poco, di giacobini gli dissero congiurati ad abbattere il trono, a rovesciare gli altari, a spegnere il re e i sacerdoti. Così che ad oneste brame, o a semplici apparenze di vita diedero colpa e peso di maggiori delitti. Veramente all'arrivo dell'ammiraglio La Touche parecchi Napoletani, come ho riferito, convennero in secrete combriccole per comunicare con quei Francesi, e per volgere in italiano e stampare le Costituzioni del 91; ma sciolte dai rigori del Governo le adunanze, i vaghi di libertà s'incontravano alla sfuggita, balbettavano l'un l'altro all'orecchio le notizie correnti, si rallegravano de' successi della Francia, speravano e separavansi; non avevano di congiura né scopo, né mezzi; la polizia, la Giunta di Stato, i ministri del re, la regina col numeroso corteggio delle spie, percuotevano i fantasmi.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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