Il re delle Sicilie, pregando che l'armistizio di Brescia divennisse pace durevole, spedì ambasciatore a Buonaparte e al Direttorio il principe di Belmonte, il quale in Parigi, gli 11 di ottobre, ottenne pace ai seguenti patti: Napoli, sciogliendosi dalle sue alleanze, resterà neutrale; impedirà l'entrata ne' suoi porti a' vascelli, oltre il numero di quattro, de' potentati che sono in guerra; darà libertà a' Francesi carcerati ne' suoi domini per sospetto di Stato; intenderà a scuoprire e punire coloro che involarono le carte al ministro di Francia Makau; lascerà libero a' Francesi il culto delle religioni; concorderà patti di commercio che diano alla Francia ne' porti delle due Sicilie que' medesimi benefizi che le bandiere più favorite vi godono; riconoscerà la Repubblica bàtava; e la riguarderà compresa nel presente trattato di pace. E per patti secreti: il re pagherà alla Repubblica francese otto milioni di franchi (due milioni di ducati); i Francesi, prima che si accordino col pontefice, non procederanno oltre la fortezza di Ancona, né seconderanno i moti rivoluzionari delle regioni meridionali dell'Italia.
Questo ultimo patto, e il silenzio su i Napoletani prigionieri per cause di maestà costarono al nostro erario un milione di franchi in doni e seduzioni; e perciò l'ingegno della tirannide e l'avarizia dei liberi Governi fecero pagare a noi stessi l'infame prezzo delle nostre miserie. Quella pace non si stringeva (tanto il Direttorio era sdegnato contro Napoli) se Buonaparte non consigliava dissimular le ingiurie sino a che l'Austria fosse vinta ed oppressa. - Oggi, ei diceva, mancherebbero le forze al risentimento, e verrà certo il giorno punitore delle colpe presenti e delle future; perciocché gli odi de' barbari per la Francia non cesseranno prima che tutto il nuovo diventi antico.
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