- In quel tempo le sorti della Repubblica erano prospere: l'esercito piemontese vinto, tre eserciti d'Austria disfatti, Mantova cadente, fermata pace con la Sardegna e con la Prussia e la Spagna, chetate le Russie per la morte della imperatrice Caterina e l'indole pacifica del successore, ordinati a repubblica e collegati alla Francia alcuni Stati d'Italia, tributari o neutri gli altri principi italiani. Così stavano le cose al finire dell'anno 1796.
XXIV. La pace, come già l'armistizio, essendo scaltrezze del Governo di Napoli per aspettare miglior tempo alla guerra, vedevasi crescere di battaglioni l'esercito, di munimenti la frontiera, di tributi l'erario. Né cessando le provvidenze chiamate di sicurezza pubblica, ci gravavano due guerre, la esteriore, la interna; e i danni e i pericoli di entrambe. Una speranza rallegrò gli animi al sentire che, dopo la caduta di Mantova e le altre sventure degli eserciti d'Austria, fermato armistizio, si apriva in Loeben conferenza di pace; e che negoziatore per lo Impero fosse il marchese del Gallo, ambasciatore a Vienna della Corte di Napoli. Egli sul confine della giovinezza, di sottile ingegno, e tale in viso che appariva ingenuo più del vero, piacque allo imperatore che lo mandò, avuta permissione dal re di Napoli, a trattare in Leoben con Buonaparte. Tenemmo ad onore che un napoletano maneggiasse l'occorrenza più grande di Europa, e confidavamo che i nostri interessi non sarieno traditi o negletti. Sospesa la guerra; riaperte le strade d'Italia con Alemagna; posate le ansietà de' sovrani di Vienna e di Napoli, fu loro cura il viaggio dell'arciduchessa Clementina per venire sposa del principe Francesco; nozze, come ho detto altrove, fermate sette anni avanti, e non celebrate per la età infantile d'ambo gli sposi.
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