E nel giorno medesimo salpavano da Gaeta per Livorno molte navi cariche di seimila soldati, sotto l'impero del generale Naselli. Le quali ordinanze dimostravano che l'esercito di Napoli non andava formato in linea, non aveva centro; che le schiere di Sanfilippo e Giustini non legavano, perché deboli, l'ala diritta alla sinistra; che un corpo non assai grande, quello di Micheroux, assaltava la sinistra francese, la più forte delle tre parti di quello esercito; e che il maggior nerbo de' Napoletani, trentamila uomini, procedeva contra l'ala diritta, di poca possa, intesa a ritirarsi. Erano dunque le speranze di Mack, superare le parti estreme della linea francese, avvilupparle, spingere gli uni corpi sugli altri, confonderli nel mezzo ed espugnarli; mentre la legione del generale Naselli, per le forze proprie e le insurgenti della Toscana, molesterebbe il fianco delle schiere francesi fuggitive verso Perugia. Scarsi concetti. La figura della frontiera, la linea prolungata e sottile dell'esercito francese, la sua base in Lombardia, il numero delle nostre forze quasi triplo delle contrarie invitavano a sfondare (come si dice in guerra) il centro; e assalendo per il fianco le due ale nemiche, impedire che si aiutassero; e tagliare, se volesse fortuna, le ritirate nella Lombardia. Perciò, ne' casi nostri, andava diviso l'esercito in tre corpi: ventiseimila uomini all'Aquila per attaccar Rieti e Terni; dodicimila su la strada Emilia per combattere o impegnare l'ala sinistra francese; ottomila nelle Paludi pontine per incalzar le piccole partite della diritta; mentre che la legione della Toscana, senza nemico a combattere, e coi popoli dalle sue parti, avrebbe corso il paese insino a Perugia per appressarsi a noi ed aiutarci nelle varie vicende della guerra.
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