La qual menzogna creduta da' Francesi accrebbe fierezza alle naturali offese dell'armi. Cominciata nel giorno istesso la ritirata di Mack, i Napoletani sempre perdenti e sempre infelici, comandati da stranieri, vedendo tra le file molti Francesi, generali o colonnelli, ognun de' quali, a modo di emigrati, per iscampare da' pericoli della prigionia, sollecitava il cammino da parer fuga; creduli al male come sono gli eserciti, sospettaron di essere traditi; e chiamando giocobini i capi, e confondendo gli ordini, cadde o scemò l'obbedienza. Si aggiunse a' mali la scarsezza dei viveri; perciocché all'ignoranza ed alle fraudi degli amministratori, delle quali cose ho parlato sin dal principio de' racconti, si unirono le perdite de' convogli, e i magazzini abbandonati, o a modo di rapina vuotati dalle milizie, già licenziose e contumaci.
XXXVI. A quelle nuove i Romani, per amore della repubblica o per prudenza verso il vincitore, si mostravano della parte francese; per lo che il re Ferdinando, il quale dal giorno 7 stava ad Albano, per natura codardo, impaurendo fuggì, al declinare del giorno io, verso Napoli. Disse al duca d'Ascoli suo cavaliero, essere brama o sacramento de' giacobini uccidere i re; e che bella gloria sarebbe ad un soggetto esporre la propria vita in salvezza della vita del principe; esortandolo a mutar vesti e contegno, così ch'egli da re, il re da cavaliere facessero il viaggio. Il cortigiano, lieto, indossando il regio vestimento, sedé alla diritta della carrozza; mentre l'altro con riverente aspetto, avendo a maestra la paura, gli rendeva omaggi da suddito. In questa vergognosa trasformazione il re giunse a Caserta nella sera dell'it. Frattanto in Roma le schiere napoletane traversavano celermente la città, inseguite dalle francesi tanto da presso, che uscivano d'una porta i vinti, entravano dall'altra i vincitori.
| |
Francesi Mack Napoletani Francesi Romani Ferdinando Albano Napoli Ascoli Caserta Roma
|