- Il discorso, le vesti, la cerimonia, la comune stanchezza poterono su quelle genti, che. tornando alle proprie case, fecero per poco tempo tranquilla la città.
XLIV. Ma non dormivano i repubblicani, sopra dei quali pendeva imminente pericolo di strage. Avevano promesso al generale Championnet prendere il castello Santelmo, e lo tentarono la notte innanzi con infelice successo, perciocché alcuni de' congiurati mancarono al convenuto luogo; le parole di riconoscenza fallarono; e, destato all'arme il presidio, salvaronsi appena con la fuga. Comandava la fortezza Niccolò Caracciolo, grato al popolo perché fratello del duca di Roccaromana; e la guardavano centotrenta lazzari dei più fidi, guidati da Luigi Brandi, lazzaro ancor esso e ferocissimo: era il Caracciolo nella congiura de' repubblicani. Concertò che nel primo mattino del 20 andasse al castello inattesa ed inerme, come a rinforzo del presidio, piccola mano di congiurati; giunse il drappello, dicendosi mandato dal popolo; avvegnaché tutti gli ordini, preti, frati, nobili, magistrati, combatterebbero in quel giorno, contro i Francesi, da' castelli, dalle mura e nel campo; e ch'ei venivano inermi perché, certi di trovar armi nelle armerie del forte, avevano date le proprie a coloro del popolo che ne mancavano. Il bel dire piacque agli ascoltatori; e 'l numero piccolo e disarmato non movendo sospetti, fu il drappello accolto con suoni militari, e provveduto d'armi trionfalmente. Indi a poche ore il castellano, rammentando la comparsa de' giacobini nella scorsa notte, comandò che numerose pattuglie girassero intorno alle mura, ed elesse a guidarle lo stesso Brandi. Uscirono. Dipoi prescrivendo che le ascolte fussero doppiate, pose a fianco di un popolano un congiurato.
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