Ma buona legge sciolse i fidecommessi, libertà desiderata per i libri del Filangeri, del Pagano, di altri sapienti; e produttrice di effetti buoni, quanto comportavano le sollecitudini di quello Stato. Molte comunità avevano lite co' baroni, molte più rodevano i freni del vassallaggio; e perciò quelle e queste, ed altre tirate dagli esempi, invadendo in modo popolare i domìni feudali, e spartendoli a' cittadini, vendicavano con gli eccessi delle rivoluzioni gli odi propri e degli avi. Piacque al Governo quel moto, e dichiarando abolita la feudalità, distrutte le giurisdizioni baronali, congedati gli armigeri, vietati i servigi personali, rimesse le decime, le prestazioni, tutti i pagamenti col nome di diritti, primise legge nuova, giusta per i comuni e per i già baroni; senza vendicare, come natura umana consiglierebbe, le ingiurie patite da' feudatari. Dopo la quale promessa, il Governo attese all'adempimento; ma intrigato nelle vicendevoli ragioni, non mirando che alla giustizia ideale, trovando intoppo quando ne' possessi e quando ne' titoli, quella legge, lungamente discussa, non fu mai fornita; e di tutti i rappresentanti maggior sostenitore de' baroni fu quello istesso Mario Pagano, avverso a loro nelle dottrine, scrittore filosofo, pusillanimo consigliere, ottimo legislatore in repubblica fatta, impotente come gli altri ventiquattro del Governo a fondar nuova repubblica.
Altro indizio di popolare avversione si manifestò per le cacce regie: avvegnaché i cittadini, al sentirsi liberi, uccisero le bestie, svanirono i confini; e spregiando le ragioni della proprietà, recidevano i boschi, piantavano a frutto nei campi, dividevano come di conquista le terre. Così che a Governo dichiarò le cacce già regie, ora libere, terreni dello Stato; le guardie sciolte.
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