Conciossiachè, fingendosi Borboniano, allegro della morte del vescovo, chiamò a convito gli uccisori, e, dopo lauta mensa e bevere trasmodato, tutti gli spense; né già di veleno, ma di ferro; e più col braccio proprio che de' suoi fedeli, che pure a mensa o nascosti nella casa attendevano il comando della strage. Orrida scena, che spiacque a' partigiani medesimi di repubblica; e l'Addone, ciò visto, fuggì di Potenza, e tenutosi lungo tempi ne' boschi, si riparò in Francia. Anni appresso, perdonato di quei misfatti per decreti del nuovo re Giuseppe Bonaparte, tornò in Regno; e l'età nostra lo vide accusatore calunnioso di delitti di maestà a pro de' Borboni, e a danno di onesti cittadini. Né fu punito; e vive ancora tra ricchezze avite, o mal tolte.
XIII. Sommovevano le Puglie contro la repubblica quattro còrsi, de Cesare, Boccheciampe, Corbara e Colonna; dei quali de Cesare era i tria servitor di livrea, Boccheciampe antico soldato di artiglieria e disertore, Colonna e Corbara vagabondi e viventi di male arti, tutti e quattro fuggitivi di Corsica per delitti; e da Napoli, per timor de' Francesi, cercavano imbarco nei porti della Puglia per Sicilia o Corfù. E giunti a Monteiasi, alloggiando per ventura nella casa del massaro Girunda, ingegnoso fabbro di brighe, concertarono sollevare i popoli a pro dei Borboni; figurando Corbara il principe Francesco erede al trono; Colonna, il contestabile suo cavaliero; Boccheciampe, il fratello del re di Spagna; e de Cesare, il duca di Sassonia. Girunda in quelle trame, sarebbe precursore, testimonio e tromba delle fallacie. Il vero principe Francesco era stato in Puglia, come dicemmo nel terzo libro, poco tempo innanzi; ma Girunda confidò nella credulità degli stolti, e ne' guadagni che gli astuti trarrebbero da quelle scene.
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