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      Durò lo scompiglio due giorni; e nella mattina che segui, alzato nel campo altare magnifico e croce ornata, dopo la messa che un prete, guerriero della Santa Fede, celebrò, il cardinale, vestito riccamente di porpora, lodò le gesta de'due scorsi giorni, assolvé le colpe nel calore della pugna commesse, e col braccio in alto disegnando la croce benedisse le schiere. Dipoi, lasciato presidio nella cittadella, ed a' dispersi abitanti (avanzi miseri della strage) nessun Governo e non altre regole che la memoria e lo spavento dei patiti disastri, si partì per Catanzaro, altra città di parte francese.
      Giunto a vista, inondando delle sue truppe le terre vicine, mandò ambasciata di resa. Ma Catanzaro, sopra poggio eminente, cinta di buone mura, popolosa di sedicimila abitatori, provveduta d'armi e preparata (per le udite sorti di Cotrone) a' casi estremi, rispose: ch'ella, non mai ribelle. obbediente alle forze della conquista francèse come oggi alle più potenti della Santa Fede, tornerebbe volontaria sotto l'impero del re, a patto che i cittadini non fossero puniti ne' ricercati delle opinioni o delle opere a pro della repubblica, e che le truppe della Santa Fede non entrassero in città, ma solamente i magistrati regii, guardati ed obbediti dalle milizie urbane. Cosi per pace. Sapesse il cardinale che per guerra seimila uomini armati morirebbero alle mura combattendo, prima di tollerare i danni e le ingiurie che aveva patite Cotrone. Per i quali detti Ruffo vide che la vittoria non sarebbe certa né allegra; e simulando modestia, dicendo che i disordini di Cotrone derivarono dall'ardore delle sue schiere concitate da ostinata resistenza, concordò: che la città inalzerebbe la insegna de' Borboni, e, tornata sotto l'impero del re, obbedirebbe alle sue leggi e magistrati, che milizia urbana composta da ministri regii, sarebbe la sola forza dell'autorità regale; che resterebbero occulte le opinioni de' cittadini, e rimesse le opere a pro della repubblica; non entrerebbero in città le truppe borboniche; Catanzaro pagherebbe per le spese di guerra dodici migliaia di ducati.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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