L'altra schiera, quella destinata per le Calabrie, forte di miladuecento Napoletani, che sarebbe nel cammino afforzata de' "patriotti" fuggitivi dal cardinal Ruffo, aveva per capo Giuseppe Schipani, nato calabrese, militare dimesso dal grado di tenente, perspicace, ignorante, elevato all'altezza di generale della repubblica perché settario caldissimo e valoroso. La prima schiera, soggiogate le Puglie, volgerebbe alle Calabrie: bastava che la seconda contenesse l'esercito della Santa Fede; cosicché scopo dell'una era il vincere, dell'altra il resistere. Gli ordini scritti del Governo palesavano l'animo pietoso dei governanti, confidando più che nella guerra, nella mostra dell'armi, nella modestia dei capi, nella disciplina de' soldati, nella magnanimità del perdono: sensi sconvenevoli a repubblica nascente che succede ad invecchiate pratiche di schiavitù.
Schipani, traversando Salerno ed Eboli, avvicinandosi a Campagna, Albanella, Cotrone, Postiglione, Capaccio, tutte città o terre amiche, vide bandiera borbonica sul campanile di Castelluccia, piccolo villaggio in cima di un monte al quale ascendesi per sentieri alpestri; e benché gli fossero scopo la Calabria e 'l cardinal Ruffo, egli, preso di sdegno, volse cammino al paese ribelle; scegliendo delle tre strade, a scherno d'impacci, la più difficile. I Borboniani dall'alto, vedendosi assaliti da milizie ordinate, con artiglierie trasportate sopra muli, trepidarono; e tenuto consiglio tumultuariamente nella chiesa stabilivano di arrendersi. Ma colà stando a ventura il capitano Sciarpa, biasimata la codardia, disse che se fosse necessità cedere il luogo, si cedesse a patti di tornare volontari sotto l'impero della repubblica; ma vietando alle genti armate di entrare vincitrici nel villaggio.
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