Ma il porporato unito al Còrso, o fatto audace delle gustate fortune, pose il campo a vista delle mura, e cominciò la guerra. I Borboniani, peggiorati in disciplina, meglioravano nell'arte, accresciuti di veterani e di uffiziali e soldati mandati da Sicilia, o venuti volontari alle venture di quella parte; avevano cannoni, macchine di guerra, ingegneri di campo ed artiglieri; superavano d'ogni cosa l'opposta parte, fuorché d'animo; così che gli assalti per molti dì tornando vani e mesti, crebbe lo sdegno degli assalitori e l'ardimento de' contrari. Vedevansi dalle mura del campo le religiose ,cerimonie del cardinale, che, avendo eretto altare dove non giugnesse offesa, faceva nel mattino celebrar messa; ed egli, decorato di porpora, lodava i trapassati del giorno innanzi, vi si raccomandava come ad anime beate, e benediceva con la croce le armi che in quel giorno si apparecchiavano contro la città ribelle a Dio ed al re.
Dentro la quale città si vedevano altri moti e religioni: adoravano pur essi la croce ma in chiesa, si concitavano al campo con le voci e i simboli di libertà. Erano scarse le provvisioni del vivere, scarsissime quelle di guerra; e se la liberalità de' ricchi e la parsimonia de' cittadini davano rimedio all'una penuria, la guerra viva e continua accresceva il peso dell'altra. Fusero a proietti tutti i metalli delle case, mancò l'arte di liquefar le campane, nei tiri a mitraglie, non andando a segno le pietre usarono le monete di rame; né cessò lo sparo delle artiglierie che al finire della polvere; ed allora il nemico, avvicinate alle mura le batterie de' cannoni, ed aperte le brecce, intimò resa a discrezione. La quale andò negata, perciocché non altro valeva (se la natura del cardinale non fosse in quel giorno mutata) che a serbar molte vite degli assalitori, nessuna de' cittadini; e morir questi straziati senza pericolo degli uccisori; e, privati d'armi e di vendetta, sentir la morte più dura.
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