I citati avvenimenti presso al campo francese, comunque invalidi a turbarne la sicurezza, ne oltraggiavano il nome ed il valore.
Il 28 di aprile il generale Macdonald con buona schiera, ed il generale Vatrin con altra non meno forte, andarono agli scontri del nemico. Lo trovò Macdonald in riva al Sarno, fortificato con trinceramenti e artiglierie; ma raggirato fuggì, lasciando i cannoni e pochi uomini meno validi alla fuga. Il vincitore, procedendo, sottoposte le terre di Lettere e Gragnano, scese a Castellamare, dove Inglesi, Siciliani e molti di quelle parti fuggivano a folla sulle navi. Flottiglia repubblicana uscita nella notte del porto di Napoli, valorosamente combattendo, benché sfavorita dal vento che la spingeva sotto le fregate nemiche, impedì la fuga di molti, che, venuti alle mani del vincitore, furono morti o prigioni. Tre bandiere del re, diciasette cannoni, cinquanta soldati di Sicilia, molti Borboniani, ira sfogata e bella fama di guerra furono il frutto della vittoria. Stavano i legni anglo-siculi lontani dal lido a vista della città, quando nella notte bruciavano la terra di Gragnano e parecchie case di Castellamare; incedi infami a chi li causò, a chi li,accese, perché non da mira di buona guerra, ma da feroce insazietà di vendetta.
Il generale Vatrin, più spietato, uccise tre migliaia di nemici; non perdonò a' prigioni se non militari di ordinanza; e serbò alcuni Borboniani sol per farli punire dai tribunali con tremende esemplarità. Mandò in Napoli a trionfo quindi cannoni tolti in battaglia, tre bandiere, una del re Giorgio d'Inghilterra, due del re Ferdinando di Sicilia, e lunga fila di prigionieri siciliani, inglesi, napoletani. Le città rivoltate, tornando all'impero della repubblica, pagarono grosse taglie al vincitore.
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