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      Poscia il Direttorio fece capo supremo dell'esercito Gabriele Manthonè; lo stesso rappresentante della repubblica nel primo statuto, e ministro per la guerra nel secondo; del quale avendo detto altrove alcun fatto, ora ne prosieguo la vita. Buono in guerra, di cuor pietoso, eccellente per animo ed arte nei duelli: d'ingegno non basso né sublime, per natura eloquente. Quando ci propose al consiglio legislativo il decreto che alle madri orbate di figli per la libertà si desse largo stipendio ed onori, conchiudeva il discorso: "Cittadini legislatori, io spero che mia madre dimandi l'adempimento del generoso decreto". Morì per la libertà l'infelice, come dirò a suo luogo, ma senza i premi della legge, e non altro ebbe la madre che pianto.
      Altra milizia si formò col nome di legione Calabra, senza uniformità d'armi e di vesti, né stanze comuni, né ordini di reggimento; truppe volontarie che ad occasione si univano per combattere sotto bandiera nera con lo scritto: "vincere, vendicarsi, morire". Erano tre migliaia, Calabresi, la maggior parte, avversi per genio al cardinal Ruffo, da lui vinti e fuggitivi, memori di avuti danni e ferite; incitati per tanti stimoli alla vendetta. Dell'esercito repubblicano volendo far mostra, fu schierato in più file nella magnifica strada di Toledo e nella piazza nazionale intorno all'albero della libertà, dove si vedevano giungere tra immenso popolo i membri del Governo, i generali, il generale supremo Manthonè, quindi le artigilierie e le bandiere del re, tolte nei combattimenti di Castellamare e Salerno; ed un fascio d'immagini della famiglia regale, che la intollerante Polizia aveva prese in argomento di colpa da certe case della città e nelle province; chiudevano il convoio due file di prigionieri, soldati e partigiani, i quali, credendo che per pena ed esempio sarebbero stati in quel giorno e in quel luogo trucidati, andavano mestissimi e tremanti.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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