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      Al che lo zio: "Ho avuto dal ministro della guerra quattro armi da soldati e duecento cariche. Sarà facile cogliere alla folta mirandola da presso. Voi seguitemi: se non temeremo la morte, avremo almeno innanzi di morire alcuna dolcezza di vendetta". Tutti andarono. Il vecchio per grande animo e natural difetto agli occhi, non vedendo il pericolo, procedeva combattendo con le armi e con la voce. Morì su le sponde del Sebeto: nome onorato da lui, quando visse, con le muse gentili dell'ingegno, ed in morte col sangue. Il cadavere, non trovato né cercato abbastanza, restò senza tomba; ma spero che su questa pagina le anime pietose manderanno per lui alcun sospiro di pietà e di maraviglia.
      XXXIII. Al dechinare del giorno ancora incerta era la fortuna su le sponde del piccolo fiume, quando il generale Wirtz, colpito e stramazzato da mitraglia, lasciò senza capo le schiere, senza animo i combattenti; ed al partir di lui su la bara moribondo, vacillò il campo, trepidò, fuggi confusamente in città. Ed allora i Borboniani ed i lazzari, dispregiando il divieto di autorità cadente, uscirono dalle case per andar armati contro la schiera del Bassetti; la quale, saputo la morte del Wirtz, la perdita del ponte ed il campo fugato, si ritirò, aprendosi il varco fra le torme plebee, nel Castelnuovo. Qui già stavano riparati e in atto di Governo i cinque del Direttorio, i ministri e parecchi del senato legislativo, gli altri uffiziali o partigiani della repubblica si spartirono, secondo variar di senno, tra i castelli, le case, i nascondigli, o a drappelli armati nell'aperto. Molti che andarono al forte di Santelmo, ributtati dallo spietato Megèan, accamparono sotto le mura e nel vasto convento di San Martino.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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