Non potevano quelle fiamme, fuggenti verso il cielo, comunicar sotterra fuoco, scintilla o calor grave; ma si eccitò tanta paura e tumulto, che il presidio minacciava sforzar le porte del castello e fuggire; o se alcun calmar voleva le agitate fantasie, lo credevano disperato di vivere, uccisore crudele delle sue genti; il Toscani di Vigliena, sino allora di eroica fama, era citato in esempio di ferità. Cosicché tutti, sapienti, insapienti, posero mano all'opera, solleciti come soprastasse l'incendio della polveriera; e, benché lontana la fonte, fatto perenne il getto d'acqua per catena d'uomini, fu spento il fuoco. Ma tra mezzo allo scompiglio, il nemico, visto fumo d'incendio nel castello e rallentato lo sparo dei cannoni, si appressò alla via detta del Porto, e gettando parecchie granate alla porta della darsena la incendiò; aprì un varco al castello, ed entrava se avesse avuto maggior animo e miglior arte. Corsero i repubblicani al rimedio, e tumultuariamente sbarrarono quell'ingresso.
XXXV. Era concertata per la notte l'uscita dei repubblicani da san Martino e de' castelli dell'Uovo e Nuovo per distruggere batteria di cannoni alzata nella marina di Chiaia. Non erano i Francesi con loro, perché Megèan gia negoziava col cardinale il prezzo del tradimento, e i repubblicani, sospettandone, gli nascondevano le mosse e le speranze. Al battere della mezzanotte, ora fissata ad uscire, muovono le tre partite, e quanti incontrano soldati della Santa Fede spietatamente uccidono, perciocché il far prigioni era danno al segreto ed alle piccole forze della impresa; vanno tanto sospettosi che due avanguardi, credendosi nemici, si azzuffano; ma ratto scoprendosi, e commiserando insieme la morte di un compagno, giurano vendicarla su i nemici.
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