Nella notte levatosi favorevole vento a navigare per Francia, i preparati legni non salparono, ed al vegnente giorno, mutando luogo nel porto, andarono sotto al cannone del castel dell'Uovo, tolti i timoni e le vele, gettate le àncore, messe le guardie, trasformate le navi a prigioni; e di che gl'imbarcati, maravigliando e temendo, chieste spiegazioni all'ammiraglio Nelson, il vincitore di Aboukir non vergognò cassare le capitolazioni, pubblicando editto del re Ferdinando che dichiarava: "i re non patteggiare co ' sudditi; essere abusivi e nulli gli atti del suo vicario; voler egli esercitare la piena regia autorità sopra i ribelli". E dopo quel bando, andarono alle navi commissari regi per trarne i designati (ottantaquattro), che, a coppie incatenati, e a giorno pieno, per le vie popolose della città, furono menati, con spettacolo misero e scandaloso, alle prigioni di quei medesimi castelli ch'essi poco innanzi, ora gl'Inglesi guernivano. Altri degli imbarcati, non eccitando, per la oscurità de' nomi e de' fatti, la vendetta di que' superbi, o bastando a vendetta l'esilio, andarono su le navi medesime a Marsiglia. Il conte di Ruvo, cedute le fortezze di Pescara e Civitella, e venuto con altri parecchi del presidio ad imbarcarsi, com'era statuito nei patti della resa, furono menati spietatamente nelle carceri. Alle quali pruove di crudeltà e d'ingiustizia, i Borboniani, i lazzari, le torme della Santa Fede, già impazienti e sdegnosi de' trattati e degli editti di pace del cardinale, ora, scatenati, tornarono alle mal sospese ferità; ed il Ruffo, timoroso di que' tristi e della collera del re, taceva e secondava.
XXXIX. Cederono l'un dietro l'altro, sotto finte di assedio, Santelmo, Capua, Gaeta.
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