La Giunta di Stato nella città, i commissari regi, col nome di "visitatori", nelle province, punirebbero i rei, "tenendo in mira di purgare il regno da' nemici del trono e dell'altare". Furono visitatori il cavalier Ferrante, il marchese Valva, il vescovo Lodovici, i magistrati Crescenzo de Marco, Vincenzo Marrano, Vincenzo Iorio. Ad ogni visitatore fu dato un compagno ne' giudizi; si che tribunale di due giudici pronunziava della vita, della libertà, de' beni di numerosi popoli.
III. Così prestabilite le scale de' delitti e delle pene, con legge detta in curia "retroattiva", perciocché le azioni la precedettero; e scelti a grado i magistrati, bisognavano le regole del procedimento. Quelle de 'nostri codici non bastando al segreto ed alla brevità, furono imitate le antiche dei "baroni ribelli della Sicilia"; ed erano: il processo inquisitorio sopra le accuse o le denunzie; i denunziatori e le spie validi come testimoni; i testimoni ascoltati in privato, e sperimentati, a volontà dell'inquisitore, co' martori; l'accusato solamente udito su le domande del giudice, impeditegli le discolpe, soggettato a tortura. La difesa nulla; un magistrato, scelto dal re, farebbe le mostre più che le parti del difensore; il confronto tra l'accusato e i testimoni, la ripulsa delle pruove, i documenti e i testimoni a discolpa, tutte le guarentigie della innocenza, negate. Il giudizio, nella coscienza dei giudici; la sentenza breve, nuda, sciolta dagl'impacci del ragionamento, libera come la volontà; e quella sentenza inappellabile, emanata, letta, eseguita nel giorno istesso. Ma per quanto le forme fossero brevi, essendo assai maggiore la voluta celerità delle pene, il re nominò altra Giunta, detta dei generali; e, ad occasione, in città e nelle province, tribunali temporanei e commissioni militari, le quali sul tamburo, "ad horas et ad modum belli", spedissero i processi e le condanne.
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