Se fossero stati napoletani prodi, nobili, pieni di merito e di servigi, sariano morti sul campo; ma stranieri, carichi d'anni di servitù, inviliti nella reggia, non davano sospetto di tradimento: esizial nome, creduto o trovato per coprire tutti gli errori, tutte le sfrenatezze della tirannide.
Si ricomponevano con l'esercito le altri parti dello Stato, e tutte le opere di governo consigliava il genio maligno di vendetta. Erano gli antichi uffiziali timorosi, gli aspiranti audaci, né tutti i commilitoni del cardinale volevano posto nella milizia: molti bramando cariche civili e riposate. Quel De Chiaro, già capo dei Repubblicani, che diessi, come ho riferito nel quarto libro, con la città di Cosenza e le sue schiere alle armi di Ruffo, andò preside della provincia nella stessa città spettatrice del tradimento; i congiurati con Baker, con Tanfano, col Cristallaro scacciarono da ogni uffizio numero grande di impiegati antichi. Fu rifatto lo Stato, e benché sopra basi non giuste, meglio addicendosi alla natura del popolo e dei reggitori, uscì più forte il governo dalle sue rovine; ma forte della sovversione degli statuti antichi, e dell'innalzamento di uomini ed ordini moderni; da che derivava Stato come di conquista, commosso ed incerto sino a quando quel nuovo non diventasse antico: successo possibile, ma che abbisogna o di gran tempo, o di gran senno e virtù di governo.
CAPO SECONDO
Imprese guerriere del Governo di Napoli
XI. Il re, nel ristabilire il Governo, eccedé nella tirannide, parola che profferisco con fastidio, imperciocché i leggitori (e più i posteri che i contemporanei, testimoni ancora essi delle cose descritte) potrebbero sospettare ch'io scrivessi con odio; trovandone le ragioni nel mesto esilio dalla mia patria, e nelle presenti miserie della vita.
| |
Stato De Chiaro Repubblicani Cosenza Ruffo Baker Tanfano Cristallaro Stato Stato Governo Napoli Governo Governo
|