- Per la misera Sanfelice... - e più diceva, ma la voce fu tronca dal piglio austero del re che, mirandola biecamente, depose, o quasi per furia gettò l'infante su le coltri materne e, senza dir motto, uscì dalla stanza, né per molti giorni vi tornò. La severità di lui, la pietà disprezzata, il caso acerbo, trassero dagli occhi della principessa lacrime dolorose ed incaute. La preghiera fu ricordo al re, e la misera Sanfelice, mal sana, mandata in Napoli, ebbe il capo reciso dal carnefice nella piazza infame del Mercato, quando già, per il perdono del 30 di maggio, erano quei supplizi disusati, e innanzi al popolo, impietosito al tristo fato di bella giovine donna, chiara di sangue e di sventure, solcata in viso dalla tristezza e dagli stenti, rea di amore o per amore, e solamente dell'aver serbata la città dagl'incendi e dalle stragi.
Ma i fatti interni, comunque lieti o avversi, erano passeggieri per lo Stato, e tutti gli sguardi si fissavano ai potentati del Settentrione e dell'Occidente. Buonaparte dal campo di Marengo, pieno e caldo della vittoria, conquistatore in un giorno di dodici rocche e di mezza Italia, scrisse all'imperatore d'Austria pregando pace durevole, a patti, vantaggiosi per l'Austria, del trattato di Campoformio; e però giunsero a Vienna, quasi al tempo medesimo, i due fogli di Melas, la convenzione di Alessandria e le offerte del Primo consolo, producendo sbalordimento nella città, dubbiezze e consigli nella reggia. Piegava alla pace l'imperatore, ma si opponeva Thugut, suo ministro, nato plebeo, salito per ingegno ed ostinato volere ai primi offici, nemico a' Francesi, odiato dai grandi dell'aula e della città; ma potentissimo ed obbedito. Lo secondavano per la guerra il ministro inglese lord Minto, e la passionata regina di Napoli, giunta a Vienna in mal punto, perché arrischiata consigliera nel più grave negozio dello Stato; lord Minto, assicurando gli aiuti promessi nel fresco trattato del 12 giugno, e la regina Carolina, offerendo muovere un esercito di Napoletani, che, uniti ai Tedeschi della Romagna e della Toscana, assalirebbero a dosso l'oste francese; l'uno e l'altra rammentando che alla fin fine Melas accampava su le sponde del Mincio sessantamila soldati, ad aveva per sé le fortezze di Mantova e Peschiera.
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