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      Non è fallace la protezione del gran popolo, riposate all'ombra di lei.
      Napoletani e Romani, scacciate dunque dall'animo i timori e, per carità di voi stessi e della patria, perdonate alle vendette, abbandonate i pericolosi disegni. Apprendete dal nostro esempio quanto costino le rivoluzioni; credete ch'è loro essenza produrre in ogni terra, in ogni tempo sventure uguali, né sperate che il cielo mandi sempre opportuno un genio potente a trattener le rovine, ed a fissare la miglior sorte dello Stato.
      La storia nostra insegni a' depositari dell'autorità governar con giustizia, onde scansare la collera tremenda dei popoli; e insegni a' popoli rispettare i depositari dell'autorità, per non precipitare ne' disordini civili e nel terribile stato senza leggi. Murat.
      Eppure sensi come questi, benevoli e sapienti hanno avuto acerbi detrattori; ma chi legge istorie contemporanee non iscorderà che maledire a chi cadde è viltà facile, antica, impunita, come biasimare i potenti è prova ardimentosa di verità.
      Quando al re di Napoli fu noto il trattato di Firenze, mutando in atti di governo i patti della pace, dispose le stanze per i Francesi negli Abruzzi e nelle Puglie, ordinò le amministrazioni per il mantenimento di quegli ingrati presidi, chiamò nuovo perdono la liberazione dei prigionieri e l'entrata degli esuli, rivocò i tribunali di maestà, con pompa ridevole di clemenza, perciocché i patti dell'armistizio e della pace andavano per le bocche del volgo, e non era creduto, abbenché si dicesse occasione a quelle grazie, l'arrivo in Napoli del principe Francesco e della principessa Clementina. Venivano intanto a folla i fuorusciti, e dimandavano la restituzione delle proprietà incamerate alla finanza, vendute in parte, e in parte amministrate dal marchese Montagnano, uomo rigido e ingiusto, che per interminabili trovati ritardò di alcuni anni il pattovito rendimento, ed alfine rese i beni scemi e sfruttati.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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