Frattanto il Primo consolo ordinava tutte le parti dello Stato. Egli, nominato in Francia console a vita con la facoltà di scegliere il successore, ed in Italia presidente della Cisalpina, aveva già strette in signoria quelle repubbliche, e poi man mano sostituendo alle pratiche della libertà le opposte della obbedienza, riduceva il popolo alle forme nuove, ma con giustizia ed utilità pubblica. Rialzò gli altari, mantenne i sacerdoti, ordinò le scuole, providde alle finanze, alle amministrazioni, al commercio, aprì nuove strade, scavò canali, cominciò, poi finì cosa immortale, il nuovo Codice, e però imprese e compié tutte le opere della civiltà. La Francia ne fu lieta, imperciocché le nazioni godono dei materiali giovamenti, e non già delle immagini di felicità ideale, non mai raggiunta. I settari di repubblica, pochi e impotenti, mormoravano; i settari dell'antico re, meno di numero e spregevoli, dicevano rapita la clàmida regale; il mondo vedeva in Buonaparte il capo e il termine della Rivoluzione. Godevano i re stranieri della svergognata repubblica, e, non prevedendo l'avvenire, dicevano in que' fatti essere la prova che il reggimento di uno solo fosse necessaria condizione della umanità; ma nulla rimettendo della antica superbia, volsero a sdegno per Buonaparte gli odi che portavano alla repubblica, odi funesti alla pace del mondo.
L'isola di Malta non era restituita dagl'Inglesi; e i rifiuti sprovvisti di ragione palesavano il pensiero di nuova guerra. Ma pure in Napoli si godevano i benefizi della pace, e si sperava dagli ammonimenti delle sventure alcun senno ai popoli ed ai principi. Allorché, di gennaio del 1803, per cagioni a me ignote, benché cercate nei registri e nella memoria dei contemporanei, comparve regal dispaccio in questi sensi: "Non essere bastato al ravvedimento de' malvagi le sofferte calamità, vedersi rianimate le speranze di sconvolgimento, e tessute novelle macchinazioni e congiure, così all'interno come nell'estero, da que' Napoletani che sono rimasti fuori dispregiando il grazioso invito del re, la tenera voce del perdono e gli allettamenti della patria; essere quindi necessità e giustizia contenere la sovrana clemenza, e, castigando i colpevoli, rendere ai pacifici soggetti la desiderata sicurezza.
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