XXVII. Comeché il Consiglio di finanza sollevasse per credito l'erario pubblico, non bastando le entrate ai bisogni, propose, e il re approvò, taglia novella sopra tutti gli ordini dello Stato, dichiarata di un milione, creduta di tre, incapace di còmputo per i disordini della statistica ed il garbuglio dei metodi finanzieri; transitoria per la promessa, poi continua nel fatto. Altre due leggi francarono d'ogni tributo l'uscita della seta e dei metalli a verghe o in denaro; leggi sapienti, che poco fruttarono, perché mancò tempo a maturarne i benefizi; e sole, in sei anni di regno, che trassero di pubblico interesse, in mezzo ad infiniti provvedimenti intesi a sfogar vendette o a stabilire quieta servitù nei soggetti, e tirannide sicura nei dominatori.
Perciò afflitte stavano le nostre genti allora quando, ad accrescere mestizia e danno, la terra scosse per tremuoto, poco meno terribile di quello descritto nel secondo libro di queste Istorie. Giorno della sventura il 26 di luglio [1805], alle ore due ed undici minuti della notte; centro del moto Frosolone, monte degli Appennini fra la Terra di Lavoro e la contea di Molise; il terreno sconvolto da Isernia a Ielzi, miglia quaranta, e per largo da Monteroduni a Cerreto, miglia quindici, perciò seicento miglia quadre, designando un lato della figura la catena lunga dei monti del Matese. Sopra quello spazio sorgevano sessant'una città o terre, albergo a quarantamila o più abitatori; e di tanto numero due sole città, San Giovanni in Galdo e Castropignano, benché fondate alle falde del Matese, restarono in piedi; gli uomini morti montarono intorno a seimila; i casi del morire vari e commiserevoli, come nel tremuoto delle Calabrie, che nel secondo libro ho descritti.
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