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      Il generale Mack in Ulma aspettava gli assalti del nemico, ma giunse araldo di pace, che lo pregava evitar battaglie inutili e disperate. Ed entrando in parlamenti, quel capitano tedesco, inabile a' trattati quanto alla guerra, cedé la fortezza e diessi prigioniero col presidio e con l'esercito accampato intorno; vent'ottomila fanti, duemila cavalli, sessanta cannoni, quaranta bandiere, magazzini traboccanti. Altra capitolazione fece abbassare le armi al corpo del generale Verneck, prima vinto, quindi accerchiato dalle legioni del principe Murat. E per terza capitolazione furono dati ai cavalieri dello stesso Murat numero grande di carri che andavano a convoglio sotto scorta di fanti e di cavalli: Murat fra i luogotenenti dell'imperatore fu il primo favorito della fortuna. E così nel breve giro di due settimane (da che fu detta la guerra dei quindici giorni) un esercito alemanno di centomila soldati fu debellato, numerandosi di esso sessantamila prigioni, tra' quali ventinove generali, il generale supremo, duemila uffiziali, e poche migliaia di morti o feriti, molti dispersi, e quindicimila spicciolati e fuggiaschi verso Vienna per unirsi a' Russi, che già spuntavano in Moravia. La gioia ne' campi francesi fu grande; l'imperatore, narrando le meravigliose geste al Senato di Francia, mandò a trionfo con l'esercito prigioniero ottanta bandiere, duecento cannoni, gli arredi dei campi; e tanta vittoria essendo costata duemila soldati alla Francia e però poco lutto, la contentezza parve piena; e sempre più si dimenticavano le ultime lusinghe della libertà. Mack, tornato a Vienna, e condannato a perpetua prigionia, finì la vita in un castello della Boemia: egli è il medesimo generale Mack condottiero dell'esercito napoletano l'anno 1798; e frattanto i suoi ultimi fatti e le vergogne di Ulma non poterono nelle opinioni del mondo assolvere i Napoletani dei tristi casi di quella guerra, tanto la loro sventura soperchiava la infamia del capitano.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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