Lascy e Greig erano per il secondo partito; Andres, generale russo, rammentando i patti della lega, la fidanza in essa del re di Napoli, la perdita certa del trono se fusse in quei cimenti abbandonato, la viltà e l'onta di fuggire innanzi a nemico non visto, il discredito al nome dei sovrani di Russia e d'Inghilterra per aver volte le spalle nel bisogno maggiore a principe piuttosto sedotto che venuto libero all'alleanza, e per altri generosi argomenti, proponeva restare se non a vincere, a combattere; e se non a serbare il regno a' Borboni, a pagare il debito dell'amicizia. Ma prevalendo la sentenza de' primi, Andres replicò: - La storia dirà che io sedeva tra voi, ma che fu il consiglio contrario al vostro. - E difatti la giusta dispensiera del biasimo e della lode ha in questa pagina registrato il magnanimo intendimento dell'oratore.
Lascy scrisse al generale Damas, secondo nel comando de' Napoletani, che, non potendo difendere con poco esercito tutta la frontiera del regno, anderebbe egli ad accampare nelle terre tra Gravina e Matera. Indi a pochi giorni l'ambasciatore di Russia denunziò al Governo di Napoli: dovere le schiere moscovite uscire dal reame di Napoli; intendersi (aggiungendo al mancamento il dileggio) ristabilita la neutralità tra la Francia e le Due Sicilie. Né andò guari che Inglesi e Russi, abbandonando gli accampamenti delle frontiere, bruciando il ponte di barche sul Garigliano, marciando co' modi e le ansietà del fuggire, imbarcarono ne' porti della Puglia, i Russi per Corfù, gl'Inglesi per Sicilia. E cotesti Inglesi, tornando dalla frontiera, tentavano impadronirsi, sotto specie di amicizia, della fortezza di Gaeta; ma il generale che la comandava, principe d'Hassia Philipstad, gli respinse con lettere, con messaggi ed alfine con le armi.
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