Il re, il 23 di gennaio del 1806, si partì alla volta di Palermo, lasciando vicario del regno il figlio primo nato principe Francesco. Furono intanto sguerniti di milizie i confini per accamparle intorno a Napoli, sciolti gli attruppamenti volontari, nudato di guardie tutto il paese insino a Capua, e solamente guernite le fortezze. Indi a poco, per lo appressar del nemico e la freddezza de' soggetti, disperando difese fuorché in Calabria dall'asprezza de' luoghi e dall'indole armigera degli abitatori, la regina inviò le schiere assoldate (sedicimila uomini) sotto il generale Damas nelle strette di Campotanese. E l'l1 di febbraio ella con le figliuole e quanti rimanevano ministri ed alti partigiani sopra vascello partì, mentre i due principi Francesco e Leopoldo per la via di terra celeremente raggiunsero e trapassarono l'esercito di Calabria, ponendo le stanze in Cosenza; e di là incitando per comandi e preghiere alla guerra.
Due bandi pubblicò il vicario partendo: uno esponeva la perfidia del nemico, la sua durezza in rifiutare gli accordi, la mira manifesta d'impadronirsi del regno; malvagità tanto peggiori (egli diceva) quanto più la Corte di Napoli era stata mansueta, leale, e sempre amica di concordia e di pace. E che sebbene i sudditi si mostrassero pronti a sostenere con l'armi le ragioni del trono, l'animo pietoso del re non tollerava che il suo popolo sfidasse lo sdegno e la vendetta di barbaro nemico, e che perciò questa parte di regno vuotata da milizie piegasse al destino, e serbando in cuore costante affetto al re, padrone dato da Dio, aspettasse la sua liberazione dalle armi borboniche; le quali, poderose e risolute, distruggerebbero nelle Calabrie, sotto il comando suo e del suo fratello principe Leopoldo, le schiere francesi, per poi volgere alla capitale e riassumere il governo de' sudditi amatissimi.
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