Dopo il 1790 il re, per lo spavento della rivoluzione di Francia, insospettito delle riforme di Stato, mutò pensiero e peggiorò il governo: ma il popolo progrediva; e sebbene il re adoperasse asprezze gravi contro i migliori, e molti ne morissero per guerre e condanne, pur la civiltà si diffondeva, cresceva il bisogno di leggi migliori.
Non mai società è stata sconvolta quanto la napoletana ai primi del XIX secolo: il potere del re illimitato, ma senza scopo, nemmeno quello della tirannide, perché gliene mancava la forzo; i sapienti avviliti e senza speranza, nemmeno nella servitù, perché disadatti all'obbedienza e non creduti; il ceto dei nobili disordinato, infermo, non spento, tal che non era nobiltà, né popolo; la fazione del 99 contumace alle leggi, rapace, potentissima al distruggere, al creare impotente. Era perciò impossibile riordinare lo Stato con le proprie forze de' propri elementi; bisognava nuovo re, nuovo regno, ed avvenimento che per la sua grandezza sopisse le domestiche brighe e desse scopo comune alle opere ed alle speranze.
CAPO SECONDO
Arrivo in Napoli dell'esercito francese; poi di Giuseppe Buonaparte. Fatti vari di guerra e di regno
VII. Fuggente per mare il re, la regina e la famiglia, i principi Francesco e Leopoldo ritirandosi coll'esercito per le Calabrie, una Reggenza in Napoli timida ed inesperta, il regno aperto alle schiere nemiche, la città non difesa, i partigiani del re fuggitivi o nascosti, la plebaglia ondeggiante tra l'avidità delle rapine e 'l timor del castigo, gli onesti in arme a difesa della propria vita ed a sostegno degli ordini della città: tal era lo Stato del regno ai primi di febbraio del 1806; nel qual tempo cinquantamila Francesi, guidati dal maresciallo Massena, conducevano al trono Giuseppe Buonaparte col nome di luogotenente dell'imperatore Napoleone.
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