I Napoletani attendarono a Campotanese, vasta pianura in mezzo a' monti, alla quale sono ingresso ed uscita due valli malagevoli e lunghe. I popoli della Calabria erano schivi all'invito di parteggiare per i Borboni; e qual fosse in quel tempo l'esercito napoletano, l'ho discorso nelle precedenti pagine.
L'oste francese, che aveva rotto in Campestrino e Lagonegro poche schiere guidate dal colonnello Sciarpa, scacciò da Rotonda uno squadrone napoletano messo a vedetta; i fuggiaschi avvisarono le schiere di Campotanese levarsi in arme. Le quali, ordinate in due linee, mentre intendevano a difendere la stretta, viddero sopra i monti (mal guardati, perché creduti inaccessibili) discendere i Francesi rapidamente verso il piano; intimorirono, si scomposero, e viepiù il nemico appressandosi e cominciando il fuoco, si ritirarono confusamente. Ma la strettezza del luogo, i carreggi, la calca ingombrando l'uscita, pochi salvaronsi alla spicciolata, pochi morirono, l'esercito fu prigione. I fuggitivi e i due principi, che di non breve cammino precedevano la ritirata, raccogliendosi ne' porti e nelle spiagge dell'ultima Calabria, imbarcarono per Sicilia. I Francesi soggettarono tutte quelle terre, fuorché Maratea, Amantea e Scilla, forti di mura e di armi.
XI. Mentre l'esercito combatteva in Calabria, Giuseppe in Napoli ordinava il governo. Prescrisse che durassero le antiche leggi, gli uffizi, gli offiziali; e, promettendo migliorar lo Stato senza scossa, dissipò i sospetti, blandì i dolori, svegliò le speranze e le ambizioni. In quel tempo medesimo compose il novello ministero di sei ministri, quattro napoletani e due francesi; e de' primi, tre nobili, commendator Pignatelli, principe di Bisignano, duca di Cassano, e 'l quarto magistrato, Michelangiolo Cianciulli, tutti onesti per fama ed opere, non mai seguaci di troppo libere dottrine, sempre amanti di monarchia; de' due francesi, Miot, ministro per la Guerra, aveva rinomanza di moderato; Saliceti, ministro per la Polizia, di giacobino.
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