Era giunto a tale lo stato dell'esercito che nel consiglio del re fu posto ad esame, se ormai bisognasse adunar le schiere in luogo munito degli Abruzzi, ed aspettar soccorso dalla Francia o dal tempo. Il re piegando al più debole partito, Saliceti al più forte, fu deciso che, doppiando mezzi e fatiche di guerra, si accelerasse la resa di Gaeta, onde valersi nelle ribellate province di quattordicimila soldati, oppugnatori di quella fortezza, e che subito vi funse spedito il maresciallo Massena, del quale la fama e l'ingegno apportassero aiuto ed animo a' suoi, danno e sgomento al nemico.
XXI. Altro aiuto, benché lontano, avevano gli assediatori di Gaeta. Il forte di Scilla, come ho detto innanzi, presidiato da' Francesi, stringevano Inglesi e Siciliani, ai quali era prescritto di recarsi (reso appena il forte) in Gaeta, per accrescerne la guarnigione; ma Scilla faceva mirabile resistenza. Piccolo castello, un di palagio baronale, fortificato in vari tempi e modi, con poche artiglierie, duecento uomini di presidio, e non avendo altra maggiore difesa, che il luogo, punto sino allora ignoto nella storia dell'armi, contribuì alle fortune dell'esercito e del conquisto francese. Da che apprendano i militari a non giudicar lieve della importanza de' luoghi forti; e figgere in mente essere una la legge, uno il debito degli assediati: non cedere che alla estremità di forza o di fame. Ma quel castello alfin cadde il dì 16 di luglio del 1806, perché fu aperta con le mine dagli assalitori larghissima breccia ne' muri, quando già nello interno erano i presidi menomati, scarso il vivere, esauste le fonti. Eppure i patti della resa onorarono i vinti, così esigendo valor di guerra; né il cadere di Scilla giovò a' Borbonici di Gaeta, perché tardo.
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