Ma le industrie privative, i tributi feudali sulle terre e le case, i fondi promiscui, non poca parte di giurisdizione, altre servitù e sofferenze del popolo si sostenevano.
Questo largo residuo di feudalità distruggendosi per legge del 1806, ritornò intera la giurisdizione alla sovranità, e ne fu dichiarata inseparabile; tutte le gravezze, tutte le proibizioni feudali furono rivocate; reso libero l'uso de' fiumi, disciolta la mescolanza delle proprietà, le servitù abolite; la nobiltà conservata ne' titoli, distrutta ne' privilegi, surrogati i nomi al potere. Ma per allora quei benefizi erano precetti, non cose; ché la feudalità, benché scossa ed invecchiata, non cadeva alle prime spinte, ed altre ne abbisognarono forti e molte sotto il regno del successore, sì che a dir vero Giuseppe ebbe il merito dell'intrapresa, Gioacchino dell'opera.
Per altra legge, abolite le sostituzioni fedecommessarie, gli attuali godenti divennero franchi padroni delle già vincolate proprietà; i vitalizi (assegnamenti a vita) si convertirono in beni liberi; tutti i legami del possedere si sciolsero: grande quantità di terre tornarono commerciabili. La legge del re Ferdinando dell'anno 1801 prescrivente che la dote delle donne patrizie (qualunque fusse la ricchezza della famiglia) non superasse i ducati quindicimila, oltraggio ed ingiustizia al sesso ed alla natura, favore a' primi nati, tralcio di feudalità, fu abolita per altra legge di Giuseppe del 1806. Le quali riforme per i fedecommessi, le doti, la feudalità, utili certamente all'universale de' cittadini, dannose a' feudatari ed a' nobili, erano esaminate ed assentite nel Consiglio di Stato da' consiglieri nobili per la maggior parte, e baroni.
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Giuseppe Gioacchino Ferdinando Giuseppe Consiglio Stato
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