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      Quell'opera chiamata, per omaggio al nome, Corso Napoleone, fu detta, dopo il rovescio della gran fortuna, strada di Capodimonte.
      XXXV. Il giuoco, vizio di ogni popolo e di ogni età, moderato e ristretto dove i costumi sono civili, era smodato ed arrischioso nella nostra città. Né meno grande del giuoco, la vaga libidine, figlia pur essa di corrotti costumi, in Napoli più che altrove abituale per gli ardori del clima e le antiche leggi del celibato. Nuovi provvedimenti del Governo vietavano i giuochi privati, permettevano i pubblici, col profitto al fisco di ducati cento ottantamila all'anno, indi a poco salito a duecentoquarantamila. Ed alle disoneste donne, numerate e descritte in un libro, l'infame traffico era concesso con un foglio da rinnovarsi in ogni mese, a prezzo vario come di merce, dipendendo la misura del pagamento dalla bellezza e dal lusso della meretrice.
      Ne' di prefissi le due ordinanze ebbero effetto. In un vasto e ricco palagio, destinato a' cimenti della fortuna, esposero a mostra del pubblico in varie stanze tutti i giuochi: danaro in copia su i tavolini, pegno ed incitamento alle smodate speranze; l'appaltatore ed i suoi ministri, splendidi per gemme e vestimenti; i magistrati del Governo, in abito di uffizio; e poi giuocatori e curiosi a folla. Ed in altro luogo della città convennero le meretrici, che medici prescelti ricercavano sul corpo, mentre un uffiziale di Polizia prendeva pensiero delle inferme, altro rilasciava alle sane le patenti, esigendone il prezzo, ed altro, di maggior grado, a quegli atti osceni presedeva. I quali vizi, meno osservati allorché sparsi e nascosti nella città, ora uniti, manifesti e legittimi, comparivano più grandi e disonesti.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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