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      Ma frattanto di mese in mese scemavano le meretrici ed il morbo, i giuocatori ed il giuoco; e perciò quelle ordinanze e quelle pratiche, al volgo attestatrici di sfacciati costumi e di reggimento licenzioso ed avaro, erano veramente, per la corruttela de' tempi, necessità di governo.
      XXXVI. Spesso il re a diporto, o per visitar le province, si partiva di città. Percorrendo i colli Flegrei, volendo mostrarsi dotto delle romane istorie, biasimò in Baia il temerario ponte e le crudeli feste di Cajo; inorridì a Lucrino della infame memoria del matricida; e disse sulla distrutta Cuma: - Così pure, col volger de' secoli, i monumenti dell'imperatore Napoleone saran sepolti. - Visitò in Sorrento la casa del Tasso e, vistane la povertà, ordinò che a riscontro, con denaro pubblico, si ergesse magnifico monumento. In Amalfi largì doni a' discendenti di Gioja. In Pompeia comperò le terre che sotterravano la città, essendone in quel tempo poca parte scoperta.
      Viaggiò negli Abruzzi ed in Molise, dipoi nelle Puglie. Fermavasi nelle città, spesso ne' villaggi a mostrarsi benefico, liberale, clemente. Chiamava a consiglio pubblico i notabili, e, per loro voto, premiando gli uffiziali commendati, mutando gli odiosi, punendo gli accusati, rinviò in Francia un generale francese, rivocò un intendente, elevò oscuro prete a consigliere di Stato; creava i magistrati come tra' comizi. Sperava l'amor de' sudditi, che non ottenne; avvegnaché la popolarità e la clemenza sono pompe de' re, e solamente la giustizia e il contegno sono istrumenti d'impero.
      XXXVII. Si fece lunga legge per le cerimonie pubbliche, altra per quelle di Corte: uniformi alle leggi di Francia dettate da Buonaparte, che al fasto degli antichi re francesi aggiungeva l'alterezza dell'indole propria e la superbia de' campi: modi sconvenienti a re nuovi, nati nel popolo, dal popolo innalzati, ed aventi con esso interessi e fato comune.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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