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      Il lungo esercizio delle monarchie europee, la pazienza de' soggetti ridotta in costume, la corruttela de' tempi, il bisogno di riformare la società, facevano e fanno necessario l'uffizio de' re. Ma si voleva a re nuovi potenza regia, modestia di cittadino, mancando ad essi il prestigio degli antichi. E però la vecchia monarchia esser potea una dignità, la monarchia nuova non doveva essere che magistratura: quella procedendo da nascita, indi da caso o fortuna; questa da scelta o conquista, indi da merito o da virtù; l'una sostenendosi per fasto, nomi e vana superba aristocrazia, e l'altra per forza, popolo ed aristocrazia si, ma sociale e chiara di opere e di servigi. I re nuovi potevano migliorare gli antichi re, ammodernandoli con l'esempio de' successi e della ragione; ma ne furono corrotti con l'esempio del fasto e del comando; così che da proprio fallo i nuovi caddero, gli antichi vacillano; e l'autorità regia e la ragione de' popoli combattono, a modo di fazioni, con le armi usate della ribellione e della tirannide. Vi ha nella natura delle presenti società, e per fino nel genio del secolo, un'arte che giovi a' popoli, un'altra che giovi a' re; chi prima la scuopre e l'adopera avrà vittoria sull'altro. E qui mi arresto, perché lo sdegno de' tempi tronca il mio stile.
      XXXVIII. Altra legge compose lo stemma Reale che nel mezzo dello scudo aveva l'arme imperiale francese, intorno a questa le insegne delle quattordici province del regno, ed una, in maggior campo, della Sicilia; la collana della Legione di onore di Francia contornava lo scudo, sostenuto da due sirene; il manto, normanno per foggia e colori, sosteneva in cima la corona regia; ciò che più risplendeva, non era delle Sicilie, ma di Francia.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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