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      Molte altre ricerche nella città e nelle province usava la Polizia, più che non mai vigile ed operosa, famelica di vendetta; ella, spiando ogni casa, ogni uomo, scoprì altre congiure ordite contro lo Stato, e criminose corrispondenze con la regina di Sicilia, con la Villatranfo, col Canosa; e trame, combriccole, disegni atroci. Molte persone, per lo più ree, e pur taluna innocente, furono imprigionate; più molte fuggirono o si nascosero; tutti tremavano: un misfatto di fazione si slargò in calamità pubblica.
      Alcuni degli imprigionati, e sopra tutti i Viscardi, erano governati aspramente dagli uffiziali di Polizia; e perciò il padre, per debolezza di età, numerando settantasei anni di vita, o per abituale perfidia, rivelò, avuta promessa di perdono, tutte le parti del delitto. Disse essere opera della regina di Sicilia e del principe di Canosa; emissari, alcuni venuti di Palermo, ed altri tenuti in pronto in Napoli; scopo, la morte di Saliceti per odio e perché inciampo al preparato rivolgimento del regno: descrisse la macchina e dove collocata, e quando (all'entrare del ministro nel palagio) diedero fuoco alla miccia onde colpirlo mentre passava per la camera sopraposta, e come la esplosione fu ritardata dalla timidezza dell'incendiatore, ed in qual modo fuggirono i colpevoli sopra barca verso Ponza o Sicilia. Rivelò nomi, tempi, particolarità; mescolò cose false alle vere; incolpò un figlio assente e sicuro in Palermo; ma giorni appresso, non più lui in potere della Polizia, non istraziato o minacciato, ma sol temendo che la promessa impunità non sarebbe ottenuta se tutto non rivelasse, accusò i due figliuoli carcerati con seco e sopra i quali pendeva la scure della giustizia.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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