Non dirò chi ella fosse, acciò del tanto desiderato mistero goda almeno il suo nome.
XLVIII. Il Codice di procedimento criminale, non legato come il penale alle condizioni di luogo e di tempo, ma tenendo principio dall'umano giudizio e dalla ragione, è immutabile, eterno. Si vorrebbero Codici penali quanti sono i popoli e le età, ma un sol Codice di procedimento (purché ragionevole) basterebbe per sempre a tutte le genti. Non fu dunque per noi errore o pericolo il prenderlo di altra nazione; ma sventuratamente era imperfetto. Buonaparte, Primo consolo, tollerò in Francia la istituzione de' giurati; imperatore, ne vietò a noi l'esercizio, e Giuseppe, per necessaria obbedienza, non ne fece motto nel nuovo Codice.
Altro difetto era ne' magistrati di eccezione, tribunali di Polizia, Corti speciali e prevostali, commissioni militari. La falsa ed iniqua dottrina che il criminal processo è l'agone dove combattono la legge e l'accusato, ha prodotto e produce danni gravissimi alla società; perciocché di quella immagine sono effetti necessari togliere nell'ira armi al nemico, aggiungerne alla propria parte; e ne' misfatti più odiosi alla società ed al Governo scemar difese agli accusati, accrescere agli accusatori mezzi di offesa. Questa è l'origine de' tribunali di eccezione. Ma se il processo fosse creduto, qual è, il sillogismo per discoprire il delitto, non cercherebbonsi modi vari, lunghi o brevi di argomentare; ché, siccome in prova di certezza un sol ragionamento è il più giusto, tal nella scienza criminale un solo è il vero fra tutti i possibili procedimenti. Numerati gli errori del nostro Codice, con animo più allegro ne discorro i pregi.
Principal pregio il pubblico dibattimento, mezzo di giustizia più giovevole del giurato, che è mezzo di civiltà, avvegnaché più della civiltà la giustizia è il bisogno de' popoli.
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