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      Le regole di giustizia amministrativa erano le comuni del codice, il procedimento diverso, tendente a favorire le persone e le cose dell'amministrazione; e quindi per natura e difetti erano magistrati di eccezione, tollerabili in uno Stato nuovo perché multiplicavano gli strumenti operosi de' non ben noti metodi governativi, non comportabili agli Stati già formati; provvedimenti però passeggieri, indegni del nome e del decoro di codice o di legge. Intanto l'arbitrio piacque a' governanti; e sebbene il napoleonico reggimento si afforzasse de' nuovi interessi e degli usi del popolo, le dispotiche ordinanze dell'amministrazione non mutavano.
      LI. Compiuti, publicati, messi in pratica gli enunciati Codici, si vidde nel regno spettacolo magnifico: magistrato in ogni comunità, magistrati maggiori nel circondario e nella provincia; cominciare le cause sopra luogo e terminarle; i giudizi e i giudici star sempre a fianco degl'interessi e de' bisogni del popolo; dismessi gli usi assoluti, gli scrivani sbanditi, vietati gl'inganni e i tormenti agli accusati e a' testimoni. E così la immensa congerie degli errori e vizi dell'antica giurisprudenza, frutto di diciotto secoli d'italiane miserie, fra sconvolgimenti politici, domestiche guerre, desolatrici conquiste, invasioni di barbare genti, superbia dei grandi, servitù de' popoli ed imperi lontani, spensierati di noi, in breve tempo abbattuta e scomparsa. Dopo di che ai nostri sguardi cambiò di aspetto la legge, atto già di potenza, ora di ragione; prima imperava, oggi governa; voleva l'obbedienza, ora cerca la persuasione e 'l favore de' popoli. Strumento perciò ne' passati (quando fosse perfetta) di quiete e di giustizia; negli avvenire, di civiltà.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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