Ed erano i principi di regno oltraché benigni, come ho detto, felici; la Polizia aveva sospeso o nascondeva i suoi rigori; le feste per la venuta del re non appena terminate, ricominciarono i moti d'allegrezza e i guadagni del popolo per altre feste che si apprestavano alla regina. Vi erano dunque molte speranze di pubblico bene e tutte le immagini di letizia pubblica, quando il dì 25 di settembre Carolina Murat giunse in città. Fu la cerimonia meno magnifica di quella già fatta nello arrivo del re, ma più splendida per ammirazione della bellezza di lei e del contegno veramente regale, e per lo spettacolo di quattro figliuoli teneri, leggiadrissimi, e per il comune pensiero che a Gioacchino il diadema era dono di lei.
IV. Tra quelle feste il re maturò la spedizione di Capri. Quell'isola, come ho riferito nel precedente libro, tenuta dagl'Inglesi, fatta fucina di congiurazioni e di brigantaggio, era commessa all'impero del colonnello Lowe, uomo tristo ed avaro. Il disegno di assaltarla non fu confidato dal re che al ministro della Guerra per apprestar armi e provvigioni, e ad un uffiziale del genio, napoletano, per girare intorno all'isola sopra piccola non avvertita nave, e indicare il luogo dello sbarco e le altre particolarità di guerra necessarie all'impresa. Due volte nel regno di Giuseppe quella spedizione erasi tentata, ed altrettante, per mancanza di secreto, tornata a vuoto, anzi a danno e vergogna, perché le nostre navi scontrate dalle navi nemiche furono prese o disperse.
Quell'isola, lontana da Napoli ventisei miglia, tre dal capo delle Campanelle, s'eleva dal mare tutta in giro per alte rocce; una strettissima cala, che chiamano porto, dà mal sicuro ricovero alle piccole navi; angusta spiaggia di arena in altro luogo permetterebbe lo approdare ai legni sottili, ma lo impedivano potenti batterie di cannoni e fortificazioni e trinciere.
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