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      Giunse la notte, e le apparenze, non le cure di guerra, cessarono.
      Il cielo fu per noi. Dopo breve oscurità la luna, uscita limpida e piena su l'orizzonte, illuminò la cresta della collina che il nemico guardava. Visti i soldati inglesi da noi che i macigni e le ombre del colle coprivano, erano uccisi o feriti; e sì che, arretrandosi, lasciando alcune ascolte, che presto cadevano o fuggivano perché da tutti i nostri mirate ed offese, restò il luogo deserto. Ed allora formata in due colonne la nostra piccola schiera, superati senza contrasto quegli ultimi ostacoli del terreno, marciando chetamente una colonna per la diritta, l'altra per la sinistra de' macigni, dietro a' quali, a strepito e ad inganno, pur si lasciarono alcuni soldati a durare il fuoco, giungemmo inosservati al piano del colle, poco lontani dalle squadre nemiche. Le assalimmo con impeto, grida, spari e sonar di tamburi; le ponemmo in rotta, e prigioniere si arresero, fuorché poche, più celeri ed industriose, nella confusione della notte e fra gl'intrighi delle strade e del paese, pervenute a chiudersi nel forte.
      Nella notte istessa, occupata la testa della lunga scala che mena in Capri, e quanta terra si poteva e conoscevasi di Anacapri, fu circondato il forte. Ed a' primi albòri del dì 5, intimata la resa e minacciato il presidio di sorte estrema, se facesse difesa, che l'ambasciatore (com'è costume) dimostrava inutile, dopo breve consiglio, il forte fu ceduto, altri trecento soldati si diedero prigioni, e, uniti a' quattrocento già presi, furono a trionfo mandati in Napoli. Vi giunsero quando la malignità di alcuni, o la timidezza di altri, e la ingenita loquacità della plebe, dispensiera di sventure, diceva noi morti o presi: noi già padroni di Anacapri, perciò dell'isola, superbi di avere espugnato luogo fortissimo, assalitori, benché di numero quanto la quarta parte del presidio nemico, e tenendo prigioni al doppio delle nostre forze; noi, se Francesi, lieti di combattere sotto gli occhi di capitano antico e valorosissimo, e se Napoletani, più lieti perché ammirati dal nuovo re, dalla nostra città spettatrice, e facendo gara di arte e di animo con le schiere francesi.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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