Ma tal non era Gioacchino.
Delle milizie, in sì breve tempo di regno da lui composte, egli volle far mostra, e prescrisse che a' 25 di marzo, dì natale di lui e della regina, si distribuissero ai nuovi reggimenti dell'esercito ed alle legioni civiche le bandiere. Il re, per sua natura e per arte di regno amante di feste, pavoneggiando della persona, del vestimento, del corteggio ricchissimo, credeva, con soperchia fidanza, imprimere ne' popoli sentimento della sua potenza e della sicurezza comune. Chiamò dalle province le scelte di legionari e di soldati; fece alzare magnifico trono nella più larga piazza della strada di Chiaja; tutto preparò con orientale ingegno per la pompa. Marciavano intanto per il regno le compagnie di soldati col consueto militare contegno, e quelle de' legionari a modo di bande civili, spesate e festeggiate per comando del Governo nelle comunità di passaggio, e liete fra tante apparenze di universale allegrezza. Giunte in Napoli, alcun giorno prima del 25 di marzo, i legionari non albergarono ne' duri quartieri dei soldati, ma comodamente nei palagi de' nobili, de' ricchi e degli stessi regi ministri. E visto che un sol giorno non bastava alle cerimonie di Corte ed alle feste, che si chiamarono "delle bandiere", fu assegnato il dì 26 alle seconde. Nel qual giorno i reggimenti francesi e napoletani che erano in città, altri chiamati da Capua e da Salerno, dodicimila soldati schierarono nella strada di Chiaja; stando il re sul trono, e la regina con la famiglia, i ministri, i grandi dell'esercito e della Corte in separate lussureggianti tribune; alzato un altare alla diritta del trono con sopra la Croce e le bandiere, e in seggiola ricchissima, con vesti e decoro pontificale, il cardinal Firrao.
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