Fu questo il fine di una spedizione pomposamente annunziata, minaccevole agli atti, pigra alle opere.
XV. Terminata la guerra esterna si accese la interna, vasta quanto non mai ed orrenda. I briganti lasciati sopra terra nemica non avevano altra salute che vincere; e, per la simultanea loro entrata in tutte le province del regno, fu generale l'incendio. Quando le milizie assoldate erano state nei campi, e le civili a difesa della città, i briganti avevano dominato spietatamente nella campagna; e perciò, liberi e fortunati per due mesi, crebbero di numero e di ardire: formati in grosse bande sotto capi ferocissimi, una entrò in Crichi, paese di Calabria, e dopo immensa rapina, fuggiti quei che per età robusta potevano dar sospetto di resistenza, vi uccise quanti vi trovò, vecchi, infermi, fanciulli, trentotto di numero, tra i quali nove bambini di tenerissima età. In Basilicata altra banda assediò nel suo palagio il barone Labriola, che alfine, vinto dalla fame, si arrese, e, dopo patto di vita e di libertà egli e la sua famiglia (sette di ogni età, di ogni sesso) furono trucidati. Sul confine tra Basilicata e Salerno, milatrecento briganti, dei quali quattrocento a cavallo, campeggiavano apertamente; e, non più fuggitivi come innanzi, ma sicuri, entravano nei paesi grandi e popolosi. In una imboscata di questa banda, nelle strette del Marmo, s'imbatté il giovine generale De Gambs, che, per velocità del suo cavallo, uscì del bosco; ma, viaggiando dietro lui donna ch'egli amava, e che aveva fatta madre di due figliuoli, al vedere sé libero e colei nel pericolo, ritornò al soccorso, e, prima di raggiungerla, fu ucciso. In Puglia altro capo di briganti, ricordando la credulità di di quei popoli e le riferite fortune del Corbara nel 1799, si finse il principe Francesco Borbone, compose una Corte, e, con pompa regia, taglieggiava, rapinava, solamente astenevasi dal sangue per meglio accreditare con la clemenza la regal condizione.
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