Furono opere di lui le amministrazioni del municipio libere a' comuni, la convocazione de' rappresentanti di ogni comunità per negozi di pubblico interesse, l'ordinamento della giustizia e dei magistrati, la visita da' suoi ministri delle province a fin di conoscere del popolo i bisogni e i lamenti, l'obbligo dei tributi a' baroni laici o ecclesiastici, l'abolizione dei privilegi sino allora profusamente concessi alle terre e persone della Chiesa. A questo re, miracolo dei tempi suoi, successe brevemente Corrado e poi Manfredi, re ultimo della Casa sveva; e Manfredi sosteneva le leggi del padre con lo stesso cuore, ma con minor fortuna, trovandosi assai più travagliato da' papi e dai soggetti. Ma i benefizi che ho adombrato della famiglia sveva, generati nella mente del riformatore, immaturi al popolo, immaturi al tempo, e non bastando a Federico la vita per convertire i suoi pensamenti ad uso e coscienza di tutti, caddero con la sua progenie.
Carlo I d'Angiò, venuto al trono delle Sicilie per invito e aiuti del papa Clemente IV, guerreggiando contro l'esercito di Manfredi, parteggiando fra' baroni del regno. in ogni sua qualità trovò motivo a rinvigorire le feudali instituzioni: egli, francese. portava gli usi di Francia; vassallo della Chiesa. rendeva ed ingrandiva i privilegi ecclesiastici, dalla Casa sveva rivocati o ristretti; guerriero e vincitore, era prodigo di centossessanta città a' commilitoni, e di altri doni feudale. e conformi alla conquista ed ai tempi; partigiano, ristabiliva i baroni della sua parte al seggio donde erano discesi per le leggi di Federico e di Manfredi; ed angioino, pregiava e seguiva regole di governo contrarie a quelle del nemico svevo. Ritornava la feudalità più che non mai fortunata e superba.
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