Erano prieghi e laudi accettatissime, perché di prode a prode. E Fouché scriveva che amicizia e riverenza lo spingevano a palesargli che il veder Gioacchino sicuro e lontano dai pericoli della guerra e dalla Francia, portava all'universale dell'esercito scoramento e scandalo; che un congresso di pace adunavasi, ed il re di Napoli, se presente in campo, vi era ammesso; ma se assente, obliato: che dunque debito, onore, interesse lo chiamavano a Dresda.
Eppure Gioacchino, in tanti modi assalito, resisteva. Nella notte che succedé all'arrivo de' mentovati fogli, il ministro Agar e la regina per molte ore il pregarono; ed egli, stretto dagli argomenti e scongiuri, palesò il vero motivo del suo ritegno: la facile conquista d'Italia, le conferenze di Ponza, l'atteso ritorno de' legati. E la regina, come che in cuore lo biasimasse, applaudi col sembiante; e disse che il suo debito natale verso la Francia lo chiamava al campo di Dresda: che il suo debito di re verso il regno e la Italia gl'imponeva di proseguire i trattati con la Inghilterra: che dunque il principe della Casa francese combattesse sull'Elba; ed in nome del re la reggente fermasse gli accordi con Bentinck, e facesse prorompere in Italia gli eserciti congiunti napoletano ed inglese.
Concetti tanto strani bastarono a persuader Gioacchino della facilità di eseguirli; la sua mente. per lungo tempo travagliata, abbisognava di calma; il cuore e l'abito pendevano per la Francia: egli debol politico, debol re. scelse il partire, e si partì l'indomane; rivelando alla moglie i pochi nomi de' congiurati, che ancor per la acerbità dei tempi io nascondo; ma lor prego da più giusta fortuna, nello avvenir della Italia, celebrità e gratitudine.
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